Mattia è un ragazzo di 11 anni e frequenta la prima media. Purtroppo, già dalle elementari, Mattia si è mostrato un bambino spesso isolato, triste, con pochi amici e senza molta sicurezza di sè. Sovente si è sentito ripetere le stesse osservazioni: “Mattia lavora male, perde le cose, è inaffidabile”. Per tale motivo, in classe si aspetta sempre di fare errori, di essere criticato, se non punito. Attualmente, le professoresse si lamentano con la famiglia perchè Mattia non ascolta, reagisce male ai brutti voti, fa male i compiti e sembra assente durante le lezioni. Se qualcuno lo sgrida si innervosisce o si arrabbia. Lui si difende sostenendo che non si rende conto delle conseguenze di quello che fa. E’ più forte di lui. E’ curioso di tutto, troppo curioso; è come se avesse la tendenza a fare zapping in continuazione. C’è in lui una sorta di appetito insaziabile per tutte le fonti di stimoli, al punto che non riesce a focalizzarsi su una sola per approfondirla. A scuola Mattia è sottoposto ad un gran numero di stimoli sensoriali: la professoressa che spiega la lezione e richiede un’attenzione assoluta da parte della classe, gli alunni che si muovono o bisbigliano, una matita che cade, una moto che passa sotto la finestra. Lui è perfettamente consapevole di tutto quello che succede, del qui ed ora. Mattia fa fatica a concentrarsi. Mentre la professoressa spiega lui gioca con l’orologio o guarda fuori la finestra, inoltre, più la spiegazione si prolunga nel tempo più emergono le sue difficoltà di attenzione. Per la professoressa Mattia non ha voglia di ascoltare perchè non è interessato a studiare (il quoziente intellettivo è nella norma). In effetti lui vorrebbe partecipare, ma è troppo presente, partecipe di tutto, di tutti i rumori, di tutti gli stimoli visivi al punto di non essere disponibile per lo “sforzo cognitivo” richiestogli. Quando il compito in classe è cronometrato i suoi problemi di attenzione e concentrazione si accentuano, ovviamente, sotto tale pressione, i risultati peggiorano ulteriormente.
Mattia non ha un ritardo mentale, ne è un depresso (bassa autostima, tristezza), in quanto non è apatico e non ha perso la gioia globale del piacere (basta non parlare di scuola) specie se gli viene data l’opportunità di praticare sport ad alto rischio.
Per lo specialista Mattia soffre di gravi problemi di attenzione, se non un disturbo da deficit di attenzione/iperattività (ADHD).
E se volessimo “uscire dagli schemi” di una diagnosi basata esclusivamente su di una semplice descrizione, utile solo per creare categorie di ragazzi e, non certo, per aiutare Mattia.
La regola per “uscire dagli schemi” è sempre la stessa. Fare riferimento alla neurobiologia evolutiva. Ovvero, affrontare il disturbo (difficoltà a mantenere l’attenzione su di uno stimolo sensoriale più debole, quale la voce della maestra) con competenze di anatomia e fisiologia del Sistema Nervoso Umano che è un “prodotto evolutivo”.
La condizione ideale per la crescita sana di ogni essere umano è quella di avere un patrimonio genetico adeguato e di essere inserito in un ambiente nel quale sia gli aspetti fisici che l’educazione siano in grado di dare stimoli adeguati ad ogni epoca della vita. Pertanto, possiamo affermare che, l’individuo si sviluppa secondo l’interazione tra potenzialità geneticamente prestabilite e stimoli ambientali (organizzazione neurologica).
Il tema dell’Organizzazione Neurologica sta riscuotendo un notevole interesse sia nell’ambito della neurologia che in quello della pedagogia.
Se avere un patrimonio genetico sano è condizione augurabile per un buon sviluppo adattivo, è pur vero che la genetica non basta. Infatti, lo sviluppo cerebrale è influenzato da numerosissimi fattori estrinseci, che vanno dal nutrimento della madre in gravidanza, fino alle infezioni/intossicazioni di quel Sistema Nervoso nel corso della vita extrauterina, passando per tutte le condizioni di rischio legate al parto.
Pertanto, diventa fondamentale chiarire che, un corretto sviluppo neurologico necessita di fasi TEMPORALMENTE ORGANIZZATE, in un contesto ambientale adeguato, secondo disposizioni definite.
Anche il cervello di un adolescente (il nostro Mattia sta terminando la seconda infanzia per entrare nell’adolescenza) è ancora non definitivamente organizzato. Infatti, sia la sostanza grigia che quella bianca subiranno cambiamenti strutturali anche dopo la pubertà. Per tale motivo diciamo che il cervello cambia continuamente al crescere dell’età.
Negli ultimi dieci anni sono stati condotti numerosi studi, misurando la densità della sostanza grigia in ciascun lobo, volti a definire come avvengono i cambiamenti cerebrali legati alla crescita. Infatti, sappiamo che, tra i quattro e gli otto anni, nelle aree parietali dorsali (vedi ultimo articolo del blog) e sensori-motorie, si verifica una perdita di sostanza grigia. In effetti, si è visto che, le prime aree che si organizzano (fino ai tre anni) sono quelle per la gestione delle funzioni primarie (sensori-motorie). Successivamente (quattro-otto anni) si organizzeranno le aree associative posteriori (occipito-temporo-parietali), che modificheranno il linguaggio, da richiestivo ad informativo, e garantiranno l’orientamento spaziale (necessario anche per la didattica). Le ultime aree cerebrali ad organizzarsi saranno quelle frontali e prefrontali che moduleranno le decisioni prese d’impulso sotto la spinta delle emozioni.
Dunque, vi è una rigida regola biologica:”LE DIVERSE AREE CORTICALI RAGGIUNGONO IL LORO PICCO DI DENSITA’ DI MATERIA GRIGIA A DIFFERENTI ETA'”.
Alla fine degli anni ottanta del secolo scorso, il premio nobel per la medicina Gerald Edelman, stabilì un’altra regola biologica, nota come regola del “DARWINISMO NEURONALE” o del “use it or lose it”.
Tale regola prevede che le connessioni neuronali maggiormente utilizzate vengono strutturate e rafforzate, mentre le connessioni poco utilizzate tendono a strutturarsi meno.
Studi effettuati nei bambini cresciuti in orfanotrofio evidenziano difficoltà molto simili a quelle di Mattia, dovute ad alterazioni strutturali e funzionali del cervello secondarie a deprivazioni sensori-motorie.
I disturbi di attenzione e di comportamento risultavano essere proporzionali al tempo trascorso in istituto, oltre che alla riduzione della sostanza bianca nelle vie associative temporo- parietale e fronto-parieto-occipitale.
L’attenzione, come il comportamento, sono consequenziali al livello di Organizzazione Neurologica espressa.
Esiste un continuum tra le condizioni cliniche secondarie a disordine del neurosviluppo. Tutto dipende dalle circuiterie neuronali coinvolte nella disorganizzazione.
E’ questa una prima regola per “uscire dagli schemi”.