Nel 1953 il mondo scientifico fu scosso, oltre che dalla pubblicazione del modello del DNA, dalla scoperta del sonno REM (rapid eye movement). Questo stadio è caratterizzato da un’accelerazione del ritmo cardiaco e della frequenza respiratoria, da un pattern tipico di onde cerebrali, un alto livello di attività cerebrale e da vividi sogni. Questo significava che, finalmente si potevano studiare i sogni da un punto di vista fisiologico; durante il sonno il cervello continua ad elaborare informazioni.
In effetti, quando dormiamo tutto il corpo riposa, ma il nostro cervello rimane attivo.
Dormire sembra una cosa del tutto naturale, eppure molti soffrono di disturbi del sonno, tale percentuale aumenta all’interno dei soggetti con autismo, anche in età evolutiva.
L’alternanza di sonno e veglia è regolata nel cervello da orologi interni come il nucleo soprachiasmatico dell’ipotalamo che riceve informazioni dalle cellule fotosensibili della retina e dalla pineale (melatonina). Quando la concentrazione della melatonina aumenta, la vigilanza cala e il cervello ci prepara al sonno. Quando diminuisce, ci svegliamo. La luce rappresenta il maestro orologiaio che rimette a segno quotidianamente l’orologio biologico. Il primo modulatore del nostro tempo di sonno, e della sua qualità, è la luce. Di sicuro, quando gli spazi chiusi delle case permisero di ottenere il buio durante il giorno e l’illuminazione artificiale di illuminare le nostre retine anche di notte, tutto è cambiato rispetto ai nostri antenati. Per molti soggetti con autismo (gli ipervisivi), la dispercezione visiva non aiuta il normale funzionamento di questi orologi biologici. Tale disfunzione peggiora qualora, il soggetto in questione, trascorre molte ore della sera esposto alla luce di dispositivi elettronici (smartphone, tablet, computer).In questi soggetti può essere vantaggioso l’esposizione ad un’illuminazione intensa nelle prime ore del mattino, che risulta avere un effetto stabilizzante sull’orologio biologico.
Anche l’esposizione ai rumori è in aumento, con profonde conseguenze sulla qualità del sonno. Una delle cause più frequenti, capace di impedire al soggetto con autismo di “dormire bene”, è l’iperudito. Rumori discontinui disturbano molto il sonno dei soggetti autistici. Sovente, per ovviare a tale problematica, il bambino preferisce dormire con le lenzuola che coprono il capo oppure con la testa sotto il cuscino. Utile per questi bambini è tenere nella loro camera da letto un rumore in sottofondo (radio, acquario, ecc.) per tutta la notte, oltre che, favorire un ambiente diurno il meno rumoroso possibbile, al fine di non consentire una eccessiva chiusura relazionale, che a sua volta non favorisce il sonno.
Anche un’alterazione del senso dell’olfatto può contribuire enormemente nel dormire male, come un incremento del tatto epicritico può non favorire il sonno. Allo stesso tempo, di fronte ad un soggetto con disordine dello sviluppo neurologico con difficoltà nel dormire, non vanno mai trascurate ipotesi internistiche, quali coliche intestinali da parassitosi o da intolleranze e/o da allergie alimentari.
Quello che sappiamo è che, trascorrere delle notti di sonno parziale influisce su diverse funzioni biologiche, a cominciare dal sistema immunitario. Infatti, tantissimi studi hanno dimostrato che quando si dorme bene migliora il sistema immunitario. Inoltre, dopo un periodo di notti trascorse “dormendo male” l’attività dell’insulina si riduce notevolmente, mentre diviene più difficile acquisire nuove competenze (memorie più labili).
Quanto più viene studiato cosa accade durante il sonno, tanto più è sorprendente scoprirne l’utilità.
La scoperta più recente riguarda l’eliminazione dei “rifiuti” del cervello.Si è scoperto che lo spazio tra due neuroni aumenta durante il sonno, permettendo un maggiore apporto di liquor nel cervello e nel midollo spinale, favorendo l’eliminazione di molecole potenzialmente tossiche per il S.N.C..
Di fronte ad un bambino con disturbo del sonno, con o senza disturbo dello spettro autistico, è sempre opportuno effettuare un elettroencefalogramma (standard ed in polisonnografia). Con la misurazione dell’attività elettrica cerebrale si possono osservare i quattro stadi del sonno e la loro durata.
Dopo esserci addormentati, entriamo nella prima fase del sonno, nella quale il cervello riduce la sua attività. Mentre i nostri muscoli si distendono e la coscienza si attenua sempre di più, le onde elettriche guadagnano di ampiezza e perdono di frequenza. Con il decrescere della tensione muscolare e l’assenza di consapevolezza si abbassa ulteriormente la frequenza delle onde cerebrali. Più il sonno è profondo, più è lento il tracciato. Con ciclicità compaiono rapidi movimenti degli occhi sotto le palpebre chiuse, un aumento della pressione sanguigna, oltre che un’accelerazione del respiro e del polso, con ricomparsa del ritmo alfa (l’attività elettrica espressa dal nostro cervello in veglia in stato di rilassamento). Questa è anche la fase popolata dai nostri sogni.