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La favola dello specchio rotto

La nostra capacità penetrante di capire gli altri è dovuta a cellule cerebrali chiamate neuroni specchio. Esse creano i piccoli miracoli della nostra quotidianità, forniscono una spiegazione neurofisiologica plausibile per forme complesse di interazione sociale (Marco Iacoboni 2008).

Prevedo che i neuroni specchio saranno per la psicologia ciò che il DNA è stato per la biologia (Ramachandran 2000).

Le cellule che leggono la mente ovvero i neuroni specchio (New York Times 2006).

La caratteristica fondamentale dei neuroni specchio è che “scaricano” sia quando la scimmia allunga l’arto superiore per afferrare un oggetto sia quando vede un altro farlo. La scoperta di questi neuroni, da parte dei neuroscenziati di Parma, sembrava aver fornito alla scienza, il substrato neurale per la comprensione del linguaggio, dell’empatia, dell’AUTISMO. Per molti ricercatori, in ogni parte del pianeta, l’autismo trovava una spiegazione:” il cattivo funzionamento del modulo dei neuroni specchio”. Per tali scienziati, un’ ipotetica anomalia genetica (approccio biologico), aveva danneggiato il “modulo specchio”. Lo SPECCHIO ROTTO impediva al bambino di comprendere l’altro(approccio psicologico). Lo stesso Ramachandran (uno dei più importanti neuroscenziati moderni) afferma l’importanza dei neuroni specchio per la psicologia, ma noi vogliamo comprendere la biologia del sistema nervoso.

Circa 300 anni or sono, il filosofo tedesco Leibniz, suggeriva che il tessuto cerebrale, da solo, non può garantire l’attività mentale. Se osservassimo l’interno del cervello, potremmo vedere neuroni, sinapsi, neurotrasmettitori, attività elettriche, nonchè miliardi di cellule di volta in volta “eccitate” o “inibite”, ovvero che “comunicano” tra loro. Secondo il pensiero di Leibniz, queste parti meccaniche non erano sufficienti per spiegare la mente. La scoperta dei neuroni specchio, sembrava fornire il materiale per la comprensione dell’empatia e, dunque, dell’autismo. La verità, però, si è collocata fuori dagli schemi. Il nostro comportamento, inclusa la modalità con la quale relazioniamo, non deriva dalle proprietà di singoli neuroni. Ogni neurone, anche i” mirror”, si limita a portare a termine i propri piccoli e semplici programmi prestabiliti. Quando un elevato numero di neuroni si unisce, si forma una complessa rete, con caratteristiche molto più sofisticate delle sue parti basilari. Il fattore chiave diviene l’interazione tra neuroni. Un neurone, anche quello chiamato specchio, è solamente una cellula specializzata, come tutte le altre cellule del corpo. Una singola cellula nervosa esegue per tutta la vita il suo programma locale di attività elettrochimica, rispondendo, in maniera stereotipata, ai segnali. Non sa niente delle mie relazioni. Qualora mettiamo insieme un numero sufficiente di questi neuroni, capaci di interagire nel modo giusto, proviamo empatia. D’altronde nessun singolo pezzo di metallo di una macchina ha la facoltà di farmi viaggiare. Tale funzione “emerge” quando assembliamo tutti i pezzi in modo giusto. Tutto sta nella ORGANIZZAZIONE. Ancora più affascinante è comprendere come “aggiustare” le parti.

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