Ho più volte ricordato che, nessuno può cogliere qualcosa di importante in biologia senza l’idea darwiniana di evoluzione per selezione naturale. Allo stesso tempo, ho sottolineato che, le neuroscienze moderne hanno come obiettivo quello di migliorare le nostre conoscenze sulla correlazione tra strutture neurobiologiche e comportamento, consapevoli che lo studio del cervello e della mente poggia sulla biologia dell’evoluzione.
Uno dei settori delle attuali neuroscienze più produttivo è quello che si occupa del “come prendiamo le nostre decisioni”, consapevoli che la nostra vita è una raccolta di “miliardi e miliardi di scelte”, dove, istante per istante, viene selezionato un solo risultato, rinunciando agli altri.
Di sicuro, se vogliono sopravvivere, tutte le specie viventi devono “prendere decisioni”, anche quelle sprovviste di cellule nervose.
Un esempio simpatico è quello dell’Escherichia coli (batterio a forma di bastoncello lungo uno-due millesimi di millimetro). Questi batteri si muovono verso il cibo (aspartato) per chemiotassi (sono attratti dalla presenza dello zucchero), grazie all’estensione dei propri flagelli che, in assenza dello zucchero, si dispongono in senso orario, impedendo al batterio di muoversi e, dunque, di consumare energia senza guadagno.
Gli organismi pluricellulari hanno “affidato” la funzione di prendere decisioni alle loro cellule nervose.
Il cervello umano si è sviluppato per coordinare le percezioni, i movimenti del corpo, al fine di garantire comportamenti necessari alla sopravvivenza della specie (uccidere cacciando, accoppiarsi, allevare la prole per lungo tempo immatura, ecc.).
Le neuroscienze hanno evidenziato come, i disturbi e le lesioni cerebrali possono mutare radicalmente il nostro modo di scegliere, modificando, in ultima analisi, la nostra identità. Allo stesso tempo, si è dimostrato come la gran parte delle nostre decisioni quotidiane, capaci di farci sopravvivere, siano estremamente rapide ed abbiano poco a fare con la logica formale.
Negli ultimi anni, pur senza minimamente sconfessare quanto scritto sopra, sta avanzando un nuovo modo di considerare il “come prendiamo le nostre decisioni”, basato sull’IPOTESI DELLA MANIPOLAZIONE.
Secondo tale ipotesi, gli agenti infettivi determinano modifiche nel comportamento degli ospiti, al fine di favorire la propria trasmissione ad altri organismi.
Chi vive in campagna conosce che la bava di lumaca è molto gradita dalle formiche. Si è visto che, in una sola goccia di tale squisito pasto per gli insetti, vi sono centinaia di parassiti che, una volta ingeriti, invadono il sistema nervoso delle formiche e ne modificano “le scelte”. Le formiche parassitate, al calar della sera, non fanno ritorno al formicaio, ma “scelgono”di arrampicarsi sui fili d’erba, dove diventeranno vittime di pecore e capre, nel cui intestino il parassita completerà il suo ciclo vitale.
Altri studi molto conosciuti, sono quelli che hanno dimostrato come, topi infetti da Toxoplasma gondii diventano più lenti, meno reattivi, impavidi, e attratti dall’odore delle urine dei gatti diventano pasto per il nemico, facendo il gioco del parassita (si riproduce velocemente nell’intestino del gatto ma non in quello del topo).
Inoltre, accanto a tali interessanti conoscenze, sta emergendo un concetto nuovo: “l’uomo è un superorganismo”.
Infatti, più della metà delle nostre cellule non sono nostre, nel senso che non sono umane. Dentro ognuno di noi vivono 38 migliaia di miliardi di cellule tra virus, protozoi, batteri.
I microrganismi che abitano i nostri corpi sono molteplici.
Questa convivenza può avere conseguenze dirette sui nostri comportamenti e sul nostro modo di “scegliere”?
Qualora dovesse esserci un “cambiamento nelle scelte”, questo dipenderebbe dagli effetti diretti del parassita o potrebbe essere legato alla reazione del sistema immunitario?
Quello che sappiamo con certezza è che molti virus, dopo il contagio iniziale, restano nel nostro corpo in forma “dormiente” (l’herpes simplex con le sue febbri labiali, il virus della varicella con il fuoco di Sant’Antonio, il cytomegalovirus).
Sappiamo che il virus della rabbia, trasforma il più mansueto degli animali in una belva feroce, viaggiando lungo i nervi fino al cervello, dove si moltiplica per raggiungere poi le ghiandole salivari e trasmettersi a nuove vittime grazie al “nuovo carattere furioso” di chi lo ospita.
Anche il virus dell’influenza condizionerebbe il comportamento delle persone per favorire la propria diffusione. Osservando i comportamenti di persone a cui era stato somministrato il vaccino antinfluenzale (attiva il sistema immunitario in maniera simile al virus), si è visto che, i vaccinati riferivano di aver interagito con più persone del solito e di aver avuto il desiderio di stringere maggiori relazioni nel periodo successivo al contagio ed antecedente la comparsa dei sintomi. Il virus, per favorire la propria trasmissione, aumenterebbe la socievolezza.
Comprendere sempre meglio le relazioni con gli organismi che convivono nei nostri corpi, le quali non sono fondate solo sulla manipolazione, ma, soprattutto, sulla CONVIVENZA, che risulta mutualmente proficua, rappresenta, a mio avviso, un serio ed utile obiettivo.
Miliardi di batteri, di centinaia di specie diverse, convivono con noi nel nostro intestino, stabilendo complesse interazioni con i sistemi immunitario e neuroendocrino.
Topi privi di batteri intestinali (cresciuti in ambienti sterili) manifestano un’alterata risposta allo stress.
Autismo fuori dagli schemi significa vedere le anomalie del comportamento in età evolutiva con uno sguardo nuovo.
DIVERSO.
Aperto alla possibilità che le anomalie e, dunque, l’autismo possano essere causate da un’infinità di cause, tra cui anche virus, protozoi, batteri, ma, soprattutto, che l’autismo o l’anomalia comportamentale non sia MAI considerata la causa, ma sempre la conseguenza.