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Una, nessuna, centomila……..considerazioni tra disordini delle memorie ed autismo

Per gli antichi greci la Memoria era una dea (Mnemosine).

Per tutti gli esseri umani, come abbiamo visto nel precedente articolo, la memoria è la condizione essenziale che determina l’identità individuale lungo la linea del tempo: chi perde la memoria perde sè stesso. In altri termini possiamo dire che, un IO senza memoria corrisponde ad un IO senza passato e senza futuro (dotato esclusivamante del qui ed ora), senza alcun legame con sè stesso e con gli altri.

Dunque, la memoria è ciò su cui si basa la nostra identità, ovvero il collante che consolida la nostra vita mentale.

Inoltre, sempre dal precedente articolo, abbiamo appreso che le esperienze fatte modificano il nostro cervello determinando nuove conoscenze, queste ultime possono essere trattenute nella memoria anche per lungo tempo, qualora le modifiche prodotte dalle esperienze dovessero essere durature.

Pertanto, apprendimento e memoria risultano essere intrinsecamente collegati, al punto da farci ritenere che noi, in gran parte, siamo ciò che siamo grazie a ciò che impariamo e ricordiamo.

Fino alla fine degli anni cinquanta dello scorso secolo si pensava che la memoria fosse un sistema unitario.

Oggi, le neuroscienze moderne hanno dimostrato, attraverso numerosissimi studi scientifici, che la memoria è rappresentata in moltissime aree cerebrali in maniera distribuita (MEMORIE), essa non è una cosa o una sostanza e, dunque non va studiata o compresa come tale.

LA MEMORIA E’ UN PROCESSO O UN’ATTIVITA’e come tale va compresa.

Questo significa che, nel corso dell’articolo ed in quello successivo, non mostrerò particolare interesse per la misurazione della estensione e della durata della memoria, nè tantomeno limiterò il mio interesse per il sintomo (disordine delle memorie), ma mi sforzerò per far comprendere il meccanismo fisiopatologico alla base del suddetto disordine e di come, quel processo atipico, si ripercuoterà sul decorso di tutti gli altri processi dell’individuo.

LE MEMORIE HANNO ORIGINE DALLE SINAPSI, PIU’ PRECISAMENTE DALLA STIMOLAZIONE DELLE SINAPSI.

Quando si crea un ricordo a breve tempo (MBT) la stimolazione della sinapsi è sufficiente per sensibilizzarla temporaneamente a segnali successivi, ovvero a renderla rafforzata.

Nel caso di ricordi più lunghi (MLT), le sinapsi si rafforzano in maniera permanente.

A differenza del primo rinforzo (temporaneo), quello permanente richiede la produzione di specifiche proteine da parte dei geni presenti nel DNA della cellula nervosa.

La biologia molecolare, negli ultimi tempi, ci ha fornito un grande tesoro di conoscenze, partendo da due interessanti quesiti: “Come fa un gene a sapere quando produrre nuove proteine?”, “Come fa a stabilire che quella stimolazione va conservata o cancellata?”.

Un carattere centrale della teoria psicoanalitica di Freud era che le esperienze potevano lasciare le loro tracce non soltanto sotto forma di memoria consapevole ( memoria esplicita o dichiarativa), ma anche sotto forma di memoria essenzialmente incoscia (memoria implicita o non dichiarativa).

I primi studi scientifici (Kandel) si concentrarono proprio sulle forme di memoria non dichiarativa (inconsapevole) e furono effettuati su invertebrati (drosophila, aplysia) dotati di pochi neuroni, di grosse dimensioni e facilmente identificabili (specie viventi con livello di Organizzazione Neurologica abbastanza semplice).

Tali organismi, sottoposti a stimoli, utilizzando le principali forme di apprendimento (sono anche le principali forme del processo neuroabilitativo) quali l’adattamento, la sensibilizzazione, la desensibilizzazione, il condizionamento classico, vedevano modificata la forza delle sinapsi del loro sistema nervoso. Pertanto, apprendevano e conservavano in memoria, per tempi brevi, quanto appreso.

Successivamente, studi condotti su animali con sistema nervoso più complesso e, dunque, con livelli elevati di organizzazione neurologica (ad es. topi) dimostrarono che somministrando stimolazioni, sempre con le stesse forme di apprendimento (adattamento, sensibilizzazione, desensibilizzazione, condizionamento classico), si modificava la forza delle sinapsi in maniera duratura (MLT), qualora si fosse verificata la sintesi di nuove proteine. Infatti, impedendo il processo che permetteva la trascrizione (produzione di nuove proteine) il ricordo svaniva. Inoltre, si apprese che, come aveva intuito Hebb (1949), “I NEURONI CHE SCARICANO INSIEME SI CONNETTONO INSIEME”, spiegando anche come vengono scelti i ricordi da conservare.

Altri studi hanno mostrato che, ogni volta che un evento è rilevante per la vita dell’animale, oppure SI RIPETE METODOLOGICAMENTE LA STIMOLAZIONE (principi neuroabilitativi), un numero sufficiente di sinapsi scaricherà contemporaneamente. Questo provocherà l’attivazione di alcuni geni e la sintesi di nuove proteine, con conseguente cambiamento della forma della sinapsi, permettendo di rendere duratura l’informazione acquisita.

Dunque, possiamo affermare che, le moderne neuroscienze ci stanno facendo comprendere quali cambiamenti avvengono nel cervello dell’animale, uomo compreso, quando apprende e quando ricorda.

Quello che ci accade, ovvero quello che stimola il nostro cervello, talvolta modifica la forza delle connessioni sinaptiche (MBT), talvolta, attraverso la regolazione genica, aumenta la sintesi proteica modificando la struttura del nostro cervello (plasticità), in maniera che i nostri ricordi condizionino i nostri comportamenti e la nostra vita.

Tutto questo a dimostrazione che, gli eventi che si svolgono nel cervello dipendono dai cambiamenti dei segnali tra singole cellule nervose, e questi, a loro volta, dipendono dalle attività di particolari molecole presenti nelle cellule nervose.

Ma, siccome in tutti gli animali esistenti troviamo solamente tre tipi di neuroni (neuroni sensoriali, neuroni motori ed interneuroni) con caratteristiche anatomiche sorprendentemente simili, partendo da tali dati, le neuroscienze attuali affermano che le diverse capacità di apprendimento/memoria, nei diversi animali ed all’interno della stessa specie, non possono essere  primariamente legate ai tipi di neuroni presenti nell’encefalo.

Le differenti capacità di apprendimento/memoria, per le neuroscienze attuali, sono determinate dal numero di neuroni (specie-specifico) e, soprattutto, DAL MODO IN CUI LE CELLULE NERVOSE SONO RECIPROCAMENTE CONNESSE (ORGANIZZAZIONE NEUROLOGICA).

Chi pensa di poter prendersi cura di bambini con disordini delle memorie senza occuparsi dell’organizzazione neurologica dei loro cervelli non deve prendere le distanze da questo blog, deve affermare che sta prendendo le distanze da quanto scritto da ERIC KANDEL.

Nel prossimo articolo cercheremo di comprendere i correlati neuronali delle varie memorie, al fine di comprendere quali aree neuronali sono disorganizzate quando andremo a rilevare alcuni disordini delle memorie.

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