PARTE TERZA: Il cervello aiuta il corpo a sopravvivere.
Nell’articolo precedente, in linea con i principi della biologia evolutiva, ho sostenuto che LA VITA E’ IL BENE.
Allo stesso tempo, per vermi, gamberi, insetti, mammiferi, la VITA è una continua lotta per sopravvivere, istante dopo istante, giorno dopo giorno.
Bisogna necessariamente trovare cibo, acqua, riparo, partner per la riproduzione, e fare molto attenzione ai potenziali nemici.
In natura, anche dopo un pasto o un coito è consigliabile non oziare.
E’ tutto un mordi e fuggi, all’interno di una variazione continua.
Eppure, nonostante questa variazione continua fuori dalla vita, per esserci VITA la variazione interna deve essere contenuta entro limiti molto stretti.
Infatti, il milieu (ambiente interno al nostro corpo) deve essere molto stabile, per consentire la VITA.
Gli esseri umani, come abbiamo visto sopra, hanno ereditato, nel corso dell’evoluzione, circuiti neuronali deputati a mantenere i parametri vitali entro i rigidi valori della VITA.
A questi circuiti neuronali, i ricercatori (J. LeDoux) hanno dato il nome di circuiti di sopravvivenza.
Con il termine circuito di sopravvivenza o circuito difensivo di sopravvivenza si indica quell’insieme di cellule nervose e fibre nervose, ampiamente distribuite nelle aree profonde del nostro cervello (nuclei del tronco cerebrale, amigdala, talamo), oltre che nei circuiti corticali posteriori (aree sensoriali) ed anteriori (aree corticali motorie), che generano, e successivamente controllano, le risposte difensive innate.
Voglio ancora una volta ricordare che, i meccanismi difensivi per la sopravvivenza sono antecedenti ai neuroni ed ai sistemi nervosi.
Virus, batteri, miceti e tanti altri organismi viventi, sono dotati di meccanismi difensivi senza possedere neuroni.
Quando gli organismi diventano più complessi, per la loro sopravvivenza, sarà un beneficio possedere neuroni e possederli “organizzati” al meglio, ovvero in circuiti che si attivano nelle situazioni in cui il benessere è potenzialmente messo a rischio, generando COMPORTAMENTI ADATTIVI.
Negli esseri umani, questi circuiti neuronali ampiamente distribuiti andranno ad integrarsi con altri circuiti neuronali evolutivamente molto più giovani. Dall’attivazione sincronizzata di tutti questi circuiti, ampiamente distribuiti in tutto il sistema Nervoso, generano le emozioni ed i sentimenti.
Tuttavia, la funzione primaria dell’attivazione dei circuiti di sopravvivenza è quella di provocare le reazioni difensive innate oltre ai CAMBIAMENTI DELLO STATO FISIOLOGICO DEL CORPO CHE ESEGUE LE REAZIONI DIFENSIVE.
Ricapitolando, siccome la VITA è un’impresa pericolosa, tutte le specie viventi devono essere dotate di un armamentario difensivo. Negli organismi più complessi le cellule nervose si fanno carico di tale funzione.
Lo faranno organizzandosi in circuiti neuronali capaci di garantire comportamenti idonei.
Negli esseri umani, questi circuiti neuronali, detti circuiti di sopravvivenza, oltre a garantire comportamenti innati di difesa (funzione primaria di questi circuiti), andranno ad integrarsi ed a sincronizzarsi con altri circuiti neuronali, localizzati in altre aree del cervello umano ed evolutivamente più recenti, la cui attivazione sincronizzata garantirà all’organismo il vantaggio, o svantaggio, di esperire, ovvero di sentire, il proprio stato (sentimento).
Pertanto, da una prospettiva neurobiologica evolutiva, i comportamenti di Alessandra, così come in altri casi i comportamenti generati dall’ansia o dalle paure o dalle fobie, sono risposte anticipatorie rispetto ad un pericolo e, in quanto tali, devono per forza essere regolate da complesse reti neuronali.
Inoltre, la biologia evolutiva ci ha fatto comprendere che alcune di queste reti neuronali si sono evolute per aiutare gli organismi a sopravvivere ed a prosperare (circuiti profondi e non accessibili alla consapevolezza), altre si sono evolute per farci acquisire la consapevolezza del fatto che il nostro cervello ha inconsapevolmente rilevato il pericolo (reti neuronali ampiamente distribuite ed ipersincronizzate, per lo più corticali).
Restando nei confini del nostro cervello (nel prossimo articolo vedremo che questo approccio NEURONALE rappresenta un limite per la comprensione del problema che stiamo affrontando e, pertanto, dobbiamo allargare i confini includendo nello studio un altro protagonista: il corpo) possiamo affermare, senza possibilità di essere scientificamente smentiti, che: paura, fobia, comportamento-problema, sono risposte che coinvolgono vastissime popolazioni di neuroni, ampiamente distribuite in tutto il Sistema Nervoso (vie sensoriali, nuclei del tronco cerebrale, talamo, cortecce sensoriali, strutture limbiche, aree associative secondarie e terziarie, cortecce prefrontali).
Per tale motivo, si rende necessario seguire il flusso di informazione (attività nervosa) nel cervello, dal sistema sensoriale, che trasduce e comincia a trattare l’informazione, fino ai muscoli, che regolano la risposta a quello stimolo (azione/comportamento), al fine di comprendere, nel caso della nostra Alessandra, DOVE si è verificata la disorganizzazione neurologica.
IL COMPITO DEL CLINICO E’ QUELLO DI AVERE IL CORAGGIO DI OSARE E DI NON FALLIRE NELL’INDAGINE.
Attraverso la conoscenza della clinica, e grazie alle nostre conoscenze sull’anatomia e fisiologia del Sistema Nervoso Umano, possiamo orientare la nostra indagine per definire una diagnosi coerente con le nostre conoscenze scientifiche e prescrivere una terapia non più basata su un protocollo (terapia per l’autismo), bensì basata sui circuiti neuronali da ri-organizzare (allo stato si è creata una grossa divergenza tra il sapere scientifico e la clinica dell’autismo).
Ovviamente, un trattamento terapeutico ad una paziente come Alessandra (a diciotto mesi erano presenti segni e sintomi di importante coinvolgimento dei suoi circuiti neuronali), non può essere somministrato ai suoi neuroni se non attraverso il suo CORPO.
Ancora una volta, per capire di più, dobbiamo far luce su un attore sovente mortificato dal cognitivismo: il CORPO.
Avendo dimenticato, o non aver voluto ricordare, che corpo e cervello sono INTIMAMENTE connessi da due vie.
E’ quello che vedremo nel prossimo articolo.