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Google ci rende geni o stupidi?

Più volte, negli articoli scientifici pubblicati dal blog “autismo fuori dagli schemi”, ho ricordato alle lettrici ed ai lettori che, per le neuroscienze del terzo millennio, ogni uomo è la sua storia.

Essere la propria storia significa che possiamo comprenderci solamente in una prospettiva evolutiva, di neurosviluppo, educativa, oltre che sociale e tecnologica.

E’ proprio sulla nostra storia tecnologica recentissima, oltre che sull’utilizzo del digitale nei bambini con neurosviluppo atipico, che vorrei condividere qualche riflessione, pur consapevole che gli strumenti tecnologici stanno dando un grande aiuto nello sviluppo socio-culturale, nella didattica, nel campo medico, nella produttività, ma usati acriticamente possono produrre “effetti indesiderati”.

Deve essere subito chiaro che, l’articolo non è finalizzato a lanciare una sfida del tipo: usiamo meno il cellulare, non tiriamolo fuori mentre passeggiamo, anzichè fotografare guardiamoci intorno, riserviamoci periodi in cui non l’usiamo ed osserviamo se in tal modo cresce in noi la creatività.

L’articolo nasce dal fatto che, di giorno in giorno aumenta il numero di coloro che stanno prendendo le distanze da quelle predizioni entusiastiche che promettevano di trasformare le ultime generazioni (nativi digitali), grazie al digitale, in geni onniscienti; oltre che da quei tecnici della riabilitazione dei bambini con disordine del neurosviluppo che, negli ultimi anni, nel nostro paese, hanno utilizzato il digitale quale ricompensa per controllare comportamenti anomali, anche se adattivi.

Se è vero che, tra le persone che cominciano a prendere le distanze la maggioranza non si mostra ancora allarmistica ed afferma che solo l’eccesso è pericoloso, noi non possiamo non evidenziare che un gruppo di scienziati, oltre che di genitori e di educatori, stanno premendo, in maniera forte, il campanello di allarme.

Pertanto, pur credendo fortemente che è sempre giusto dialogare, non si possono più negare alcuni dati scientifici emersi negli ultimi anni: il cervello umano, plasmatosi nel corso dell’evoluzione (filogenesi), non si è organizzato per l’utilizzo del digitale, bensì per l’interazione tra uomini.

Infatti, sin dalla nascita, il cucciolo d’uomo è attratto più dai volti e dalle voci che da altre fonti di stimoli visivi e/o sonori. Allo stesso tempo, a prescindere dall’età, il cervello umano reagisce molto più intensamente alla presenza di un umano che all’osservazione di quella stessa persona in un video, giustificando così l’affermazione che, l’interazione umana è insostituibile sia per lo sviluppo del cucciolo d’uomo che di un adolescente.

Purtroppo, più l’uso del digitale è intenso (sia da parte del bambino, che da parte dei genitori), più le interazioni umane si indeboliscono.

Le conseguenze sono state studiate sia in termini di sviluppo del linguaggio, che in termini di difficoltà nella concentrazione.

Si è visto che, più un bambino passa del tempo sui suoi diversi schermi (televisione, tablet, smartphone), più aumenta la probabilità di regredire nelle vocalizzazioni e nelle verbalizzazioni, favorendo l’intervento logopedico.

Anche gli apprendimenti procedurali, pertanto potrebbe essere coinvolta anche la grammatica, rispondono meglio con un umano che con un tutor oppure un video di quella stessa persona.

Infatti, si è visto che se mostriamo ad un bambino di due o tre anni come trovare un oggetto in un locale o come estrarre un sonaglio da una bambola, egli troverà più facile riprodurre ciò che ha visto in condizione di dimostrazione umana, che non in situazione di presentazione video, a dimostrazione che l’umano è essenziale ed insostituibile.

Allo stesso tempo, si è visto che, l’uso prolungato di schermi determina, nei bambini, una forte tendenza all’iperattività ed un deficit nel prestare attenzione, sia per tempo prolungato, sia per stimoli deboli (attenzione top-down).

Ma cosa accade nel caso che, un uso prolungato degli schermi, specie tablet e smartphone, rappresenti la norma in bambini con neurosviluppo atipico?

Le neuroscienze ci hanno fatto comprendere che un bambino con neurosviluppo atipico è ancora più a rischio quando viene sottoposto ad uso prolungato di schermi digitali. Infatti, tale abitudine determina una ulteriore interferenza in quel processo di integrazione sensoriale già anomalo in questi bambini.

Ad esempio, la qualità dello stimolo visivo veicolato dallo schermo del tablet o smartphone (forte luminosità e movimenti continuativi) sollecita intensamente il circuito nervoso denominato la “via visiva del DOVE” mortificando la “via visiva del COSA”, con evidenti anomalie nella percezione complessiva dell’informazione visiva.

A tutto questo va aggiunto che i bambini con neurosviluppo atipico hanno grandi difficoltà nella rappresentazione del proprio corpo (propriocezione) tanto da non indurli a manipolare le cose per conoscerle quanto a vederle. Questo modo di esperire il mondo circostante modifica la qualità delle informazioni che ne traggono, vincolandosi in modo eccessivo alle informazioni sul dove è posizionato un oggetto piuttosto che sul cosa è.

Inoltre, la luce emessa dagli schermi interferisce con la secrezione della melatonina, cosa che finisce con il ritardare significativamente l’addormentamento e consente di non provare una sensazione di stanchezza.

Se si vuole essere coerenti con il percorso riabilitativo e con le caratteristiche fisiopatologiche di questi particolari quadri clinici (neurosviluppo atipico), si deve sempre consigliare di limitare l’uso dello strumento digitale ad alcune attività didattiche mediate dall’insegnante (le immagini dovrebbero sempre essere accompagnate da un commento verbale di ciò che si sta vedendo e di ciò che si sta facendo).

Quello che andrebbe sempre sconsigliato è l’uso del digitale come contropartita sia per le prestazioni che per la correzione del comportamento, vista anche la vulnerabilità biologica dei nostri sistemi della ricompensa.

Ringrazio la dottoressa AnnaLisa Buonomo per la collaborazione

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