Le cose cominciano ad apparirci più chiare
Negli articoli precedenti abbiamo compreso che l’attenzione congiunta è una trattativa botta e risposta in cui due soggetti (ad es. madre-cucciolo d’uomo), nel corso della loro interazione, hanno sia obiettivi ed interessi condivisi che obiettivi ed interessi individuali.
E’ proprio per questo motivo che i due soggetti devono mantenere la propria attenzione congiunta.
Facciamo l’esempio di una mamma che infila le scarpe al suo cucciolo per uscire.
Ovviamente, è sempre indispensabile specificare l’età del cucciolo.
Senza un’ integrazione dei nuclei dei nervi cranici che comincia ad essere buona verso i nove-dodici mesi di vita (perchè le strutture corticali con le proprie connessioni cominciano ad esercitare un discreto controllo sui nuclei dei nervi cranici), abbiamo visto che non c’è possibilità di congiungere le attenzioni.
Quel cucciolo farà altro mentre la mamma eseguirà l’azione.
Dai nove mesi di vita la scena cambierà radicalmente.
Ora, madre e cucciolo sanno che stanno facendo una cosa insieme.
Presi singolarmente prestano attenzione a cose rilevanti per i propri obiettivi congiunti (la mamma presta molto attenzione alla posizione del piede rispetto a quella della scarpa, il cucciolo nel tenere fermo il suo piede per favorire l’azione oppure nel muovere il piede per impedire l’azione) dando vita ad un processo in cui due individui cercano di allineare costantemente i propri obiettivi e la propria attenzione.
La psicologia dello sviluppo definisce questo processo con il termine di comunicazione cooperativa che esploderà dai due anni e mezzo in poi grazie al linguaggio, che favorirà ulteriormente lo scambio di prospettive (non voglio mettere le scarpe, e la madre ribatte: le devi mettere, nessun bimbo esce di casa senza scarpe).
Questo scambio di prospettive è necessario per consentire al bambino di distinguere la situazione per come è oggettivamente e la situazione per come ciascuno di loro crede che sia.
Ma questo processo richiede molto tempo (dai tre anni, epoca in cui la prospettiva soggettiva è sufficientemente organizzata tant’è vero che comincerà ad usare il pronome, ai quattro anni).
Durante questo tempo dovrà emergere un nuovo concetto (dovranno organizzarsi nuovi neurostati): come realmente è (prospettiva oggettiva), indipendentemente da qualsiasi prospettiva soggettiva.
E, per emergere quest’abilità (per organizzarsi questi circuiti neuronali), necessitano almeno diciotto mesi di esperienza (dai due anni e mezzo ai quattro anni) verbale (le parole incarnano prospettive sulle cose: l’animale che ho in casa potrebbe essere un gatto, un animale che mangia topi, un animale da compagnia, ecc.).
Solamente dopo i quattro anni comincia a scomparire nei bambini la confusione che può provocare la domanda dello sperimentatore su DOVE cercherà l’agente la PALLINA, con la richiesta su DOVE lui dovrebbe cercarla.
I bambini di quattro anni cominciano ad avere successo nel test della falsa credenza perchè stanno imparando a coordinare la prospettiva oggettiva (hanno iniziato a costruirla da un anno) con quella soggettiva (hanno iniziato a costruirla nel grembo materno), cioè cominciano ad integrare la conoscenza semantica (extracorporea o COSA) con la conoscenza spaziale (corporea o DOVE).
Per comprendere realmente le credenze e le false credenze, il bambino deve comprendere che la propria credenza oppure quella dell’altro può sempre essere sbagliata poichè comincia a disporre di un concetto altamente integrativo: può cambiare “cosa” e può cambiare “dove” (tra i quattro ed i cinque anni).
Dovrà imparare a riconoscere che le cose possono apparire nello stesso tempo in modi differenti da angoli visivi differenti (situazione oggettiva).
Allo stesso tempo, imparerà che un oggetto potrebbe sembrare di un solo tipo, ma da una differente prospettiva, cioè differendo l’informazione PERCETTIVA, potrebbe risultare qualcosa di diverso.
In poche parole, imparerà che ci sono due possibili prospettive sulla stessa cosa.
Finalmente capirà che, nel test della falsa credenza la pallina non potrà stare contemporaneamente in due scatole diverse ( potrebbe esserlo solo da una PROSPETTIVA OGGETTIVA), per cui uno di loro (bambino-agente) deve necessariamente avere una FALSA PROSPETTIVA.
Non solo i bambini con disturbo dello spettro autistico falliscono nella comprensione delle false credenze.
Anche i bambini sordi dalla nascita falliscono.
Non c’è alcun dubbio, la comunicazione linguistica aiuta un bambino con neurosviluppo tipico a sviluppare la capacità di iniziare a comprendere, a quattro anni, le false credenze.
Ma, il ritardo dello sviluppo del linguaggio rappresenta una concausa nello sviluppo delle atipie relazionali dei bambini con disordine dello spettro autistico.
La causa primaria, l’abbiamo visto ampiamente in questi giorni, è l’anomalo sviluppo della soggettività (la prova scientifica è rappresentata dal fatto che i sintomi fanno il loro esordio ben prima dei tre anni di età).
La noxa patogena ha generato quel quadro clinico, che per convenzione chiamiamo autismo, perchè ha cambiato il modo di quel cervello di CONOSCERE, innanzitutto, il corpo proprietario di quel cervello.