Perchè definire l’autismo una disprassia è solamente un piccolissimo passo in avanti?
Chi ha letto con attenzione gli ultimi due articoli intuisce il perchè negli ultimi anni, sempre più ricercatori, a livello internazionale, hanno definito i bambini con disturbo dello spettro autistico “bambini disprassici”.
Dalla mia prospettiva (come neurofisiopatologo) questo cambio di paradigma, per essere utile alla nostra causa (conoscere che cos’è l’autismo per progettare indirizzi terapeutici più efficaci)) deve rappresentare solo l’inizio del cambiamento.
Comunque, ha il merito di spostare l’attenzione dal comportamento al sistema motorio, e non è poco.
Se si pensa alla straordinaria raffinatezza dei movimenti che possono essere compiuti da un musicista, un ginnasta o un chirurgo, non stupisce che i sistemi motori formino una rete molto complessa, con molteplici circuiti di feedback gerarchicamente organizzati.
Un danno a livello del secondo motoneurone (danno a livello del midollo spinale o dei nervi cranici) genera una clinica ben precisa (paralisi flaccida) che non ha nulla in comune con la clinica dell’autismo.
Allo stesso tempo, un danno nelle aree motorie primarie oppure lungo la via nervosa (in realtà sono due: il tratto cortico-spinale laterale che controlla i movimenti delle nostre estremità ed il tratto cortico-spinale anteriore che controlla i muscoli assiali per il controllo postura, oltre all’orientamento del capo e del collo) che collega il 1° con il 2° neurone di moto, nelle primissime fasi della vita, genera un quadro clinico più precoce dell’autismo ed anche più evidente fin dal suo esordio (difficoltà nel mantenere la testa intorno al quarto mese di vita, con successive severe limitazioni nel muoversi).
In questi ultimi giorni abbiamo anche appreso che il cervelletto ed i gangli della base sono parte integrante di importanti circuiti a feedback, tramite i quali proiettano alla corteccia cerebrale mediante il talamo, e non proiettano direttamente ai motoneuroni inferiori.
Inoltre, abbiamo visto che all’interno della corteccia cerebrale, oltre alla corteccia motoria primaria situata davanti alla scissura di Rolando, vi sono numerosi circuiti deputati al controllo motorio (aree associative motorie). Tra queste sono molto rilevanti: l’area supplementare motoria, la corteccia pre-motoria e la corteccia parietale associativa.
Persone adulte con “neurosviluppo tipico”, per problematiche neurodegenerative o ischemiche o compressive, possono vedere compromesse le funzioni di queste aree. Il quadro clinico, in questi pazienti, tipicamente esordisce con: difficoltà ad allacciare le scarpe, difficoltà nel fare il nodo della cravatta, difficoltà ad abbottonare la camicia, difficoltà nel versare l’acqua dalla brocca al bicchiere, ecc..
In altre parole, un danno in queste aree motorie associative corticali può provocare aprassia o, più specificamente, aprassia ideomotoria.
L’aprassia, come abbiamo visto, consiste nell’incapacità di eseguire un’azione in risposta ad un comando verbale, in assenza di qualsiasi deficit di comprensione, di debolezza motoria o di incoordinazione, ed è causata dall’incapacità di formulare una corretta sequenza di movimenti. I pazienti con aprassia effettuano dei tentativi goffi ed eseguono in maniera inefficace i compiti (anche quando il clinico, nel testare l’aprassia, chiede al paziente di eseguirli con azioni immaginarie ) come salutare con la mano, arrotolare gli spaghetti e tagliare la carne, accendere un fiammifero o spegnerlo. A proposito di quest’ultimo compito (soffiare sulla fiamma) è utile ricordare che esiste, in clinica neurologica, un’associazione tra afasia ed aprassia poichè il 40% dei pazienti adulti afasici presentano note di aprassia dei muscoli orali e buccali (la maggioranza dei bambini con disturbo dello spettro autistico non riescono a soffiare al pari dei loro coetanei).
Altre volte, in seguito ad un danno a carico di queste aree corticali associative motorie, i pazienti possono manifastare una grave aprassia dell’articolazione del linguaggio; altre volte manifestano un eloquio stentato, scarsamente articolato (sindrome dell’accento straniero).
Talvolta, un danno in queste aree corticali associative motorie determina: agrafia, acalculia, confusione destra-sinistra, incapacità di identificare parti del corpo o agnosia.
Ma l’aprassia, l’afemia (aprassia dell’articolazione del linguaggio), l’agnosia, sono tutte condizioni cliniche caratterizzate da un normale processo di apprendimento (neurosviluppo tipico) con un successivo danno che comporterà la perdita delle funzioni. Questo significa che, queste aree associative, nel corso del processo di apprendimento (neurosviluppo del cucciolo d’uomo) hanno stabilito precise connessioni (neurosviluppo tipico) che hanno garantito le abilità acquisite (psicostati). La noxa patogena (tumore, ictus, degenerazione) “disconnetterà” le aree (area associativa), e la clinica sarà la manifestazione di questa disconnessione.
I bambini con neurosviluppo atipico non possono manifestare segni e/o sintomi da “disconnessione”.
Infatti, non hanno mai appreso una modalità relazionale “tipica” (tornando alla relazione che rappresenta il punto di partenza del nostro studio).
A questo punto è necessario che ci poniamo una domanda.
Chi gioca un ruolo essenziale nel controllo motorio, chi partecipa ai circuiti motori e ai meccanismi di feedback a vari livelli, dal midollo spinale fino alla corteccia cerebrale?
Gente, udite, udite!
L’anatomia del S.N.C. è monopolio di tutti, non è un atto di fede di qualcuno.
LE AFFERENZE SENSORIALI.