La sensorialità nei bambini con disturbo dello spettro autistico:le intuizioni del dott.Carl H.Delacato

Autismo fuori dagli schemi ringrazia linkaut ed il fondatore Enrico Fantaguzzi per l’opportunità data al dottore Parisi di parlare di autismo.
Autismo fuori dagli schemi ringrazia linkaut ed il fondatore Enrico Fantaguzzi per l’opportunità data al dottore Parisi di parlare di autismo.
Lo sviluppo del sistema nervoso.
Per le moderne neuroscienze non sembrano esserci dubbi: le origini dei disturbi dello spettro autistico o degli autismi risiedono nell’anomalo sviluppo del sistema nervoso. Come più volte ho ricordato, attraverso gli articoli del blog, questa conoscenza non è di secondo ordine e dovrebbe rappresentare un punto di partenza anche per le proposte terapeutiche, oltre che per la ricerca.
Ovviamente, dobbiamo prendere atto che siamo ancora molto lontano dal poter affermare che tutto ci è chiaro e, dunque, dobbiamo continuare a ricercare. Ancora molta strada, ad esempio, deve essere percorsa nel tentativo di comprendere i fattori che generano il disordine del neurosviluppo (autismo)...
Il problema del neurosviluppo.
Da circa un ventennio i ricercatori in neuroscienze ci confermano che la clinica dell’autismo (disturbo dello spettro autistico) è secondaria a un disordine dello sviluppo del connettoma (neurosviluppo).
In ambito terapeutico-riabilitativo tale acquisizione non doveva restare una conoscenza di secondo ordine. Tutt’altro.
In effetti, ad un esame dell’attuale situazione del disturbo, bisogna riconoscere che è stata commessa una grave mancanza: di fronte a questa conoscenza non si è ritenuto importante studiare come si sviluppa il connettoma umano (neurosviluppo).
Eppure i tempi erano maturi.
Infatti, l’approccio psicoanalitico (basato sull’introspezione e, pertanto, prettamente soggettivo) era stato totalmente spazzato via dal c...
A livello macroscopico, rispetto ai cervelli dei mammifari non primati che hanno due principali regioni nella corteccia prefrontale (regione orbito-frontale e corteccia cingolata anteriore),i nostri cervelli hanno tre regioni prefrontali (in più la corteccia prefrontale laterale).
Conosciamo che queste aree si attivano in presenza di stimoli esterni gratificanti e sono abilitate a valutare gli stati interni del corpo. Sappiamo anche, che nei nostri cervelli la corteccia parietale posteriore e la corteccia temporale sono più voluminose rispetto a tutte le altre specie. Inoltre, si è visto che nell’uomo le tre aree prefrontali sono iperconnesse con le cortecce parietali e temporali come in nessun’altro sistema nervoso centrale.
A livello microscopico, invece, sappiamo che...
Affermare che ci distinguiamo dalle piante e dal resto del creato perchè siamo gli unici a possedere un’anima razionale o ragione non può soddisfare l’uomo del terzo millennio.
Per noi, la sfida è quella di provare a conoscere la natura biologica della nostra anima razionale, di come si è sviluppata nel corso dell’evoluzione e di come si sviluppa nel corso della nostra vita.
La mia non è una questione filosofica. Infatti, queste conoscenze potrebbero consentirci di migliorare le cure a coloro che manifestano un disordine dello sviluppo delle nostre abilità mentali.
Da 30 anni sono impegnato nel tentativo di provare a conoscere come diventiamo un organismo altamente cognitivo, da una prospettiva biologica.
Bisogna fare subito una precisazione: nulla in biologia ha s...
“Il cervello sembra la via maestra per trasferire l’attività nervosa al sistema motorio dell’animale” Sir Charles Scott Sherrington.
Come la maggior parte degli eventi evolutivi, i neuroni non sono comparsi all’improvviso. Infatti, le cellule nervose sono state modellate gradualmente da piccoli cambiamenti occorsi durante il passaggio da organismi multicellulari semplici (spugne) ad organismi multicellulari sempre più complessi (meduse). Per i biologi evoluzionisti, il vantaggio di possedere neuroni sarebbe stato notevole. Rilevare la luce, nutrirsi, riprodursi, seguire una direzione, mantenendo separate le cellule sensoriali da quelle natatorie, specie per organismi voluminosi, non sarebbe stato facile...
Le moderne neuroscienze stanno dimostrando che alla base di molte condizioni patologiche a carico del nostro cervello con conseguenti modifiche del comportamento, contrariamente a quanto si poteva intuire, non vi è una ridotta attività delle nostre cellule nervose bensì un malfunzionamento dei meccanismi di inibizione con una maggiore scarica dei neuroni. Da molto tempo i neurofisiologi hanno scoperto che nel S.N.C. sono presenti sia neuroni inibitori che neuroni eccitatori e che un sano funzionamento cerebrale dipende da un perfetto equilibrio nella trasmissione dei segnali eccitatori ed inibitori. Sappiamo che i neuroni comunicano liberando sostanze chimiche o neurotrasmettitori. Questi ultimi si legano a specifiche proteine o recettori presenti su altri neuroni contigui...
Negli ultimi anni i neurobiologi hanno concentrato le loro attenzioni, oltre che sulle cellule nervose o neuroni, anche sulla mielina e sulla relazione tra i neuroni e le cellule mieliniche. Questo ci ha permesso di raggiungere importanti traguardi, sia nel favorire ulteriormente la comprensione di come si sviluppa e si organizza il cervello umano, sia sulla genesi delle nostre abilità mentali. Per chi si è avvicinato da poco a questo argomento voglio solo ricordare che, con il termine mielina solitamente si intende quello strato lipidico che avvolge i prolungamenti dei neuroni (specie assone) consentendo, in tal modo, all’ impulso nervoso di essere più veloce. Ovviamente, questo strato lipidico è fatto di cellule (cellule gliali o mieliniche)...
Negli ultimi anni, le neuroscienze moderne ci hanno fornito utili conoscenze sui meccanismi sia delle memorie che dell’oblio dimostrandoci che, siccome la nostra vita è soggetta a continui cambiamenti, è fondamentale che il nostro cervello ci aiuti a dimenticare. Infatti, per adattarci alle mutevoli condizioni del nostro ambiente dobbiamo costantemente apprendere nuove informazioni, ma anche dimenticare quanto già imparato. In altri termini, hanno stabilito che il grado in cui ricordiamo dipende anche da quanto bene dimentichiamo e, dunque, l’atto del dimenticare non rappresenta un rivale dell’apprendere, come erroneamente si pensava in un passato recente, bensì un alleato.
Un altro dato degno di essere considerato è che il dimenticare, per le moderne neuroscienze, rappresenta ...