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Gli “scarti” del cervello

Quando nel 1992 iniziai ad occuparmi di autismo in età evolutiva, a tutti i bambini con il quadro sindromico, all’epoca, veniva prescritta come terapia l’holding. Qualche anno dopo, tale trattamento non trovava alcuna indicazione, infatti, a tutti i bambini con autismo veniva consigliato il metodo Portage. Alla fine degli anni novanta una nuova proposta terapeutica (metodo T.E.A.C.C.H.) fu prescritta a tutti i soggetti con autismo in età evolutiva. Allo stato, il 99% dei bambini autistici (dai 2 anni fino all’età adolescenziale) pratica una tecnica cognitivo/comportamentale denominata A.B.A. Da allora ho,inevitabilmente, provato una strana sensazione :”se tutti accettano come vera quella teoria allora, forse, avrei fatto bene a fare altrettanto”...

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Liberarsi dai fantasmi

Negli ultimissimi articoli ho peccato di pessimismo ( ho sostenuto che attualmente la situazione “autismo” è più caotica del passato). Questo non va bene quasi mai, in special modo per la problematica che il blog tratta. Sono fermamente convinto che nella vita sia sempre meglio smettere di pensare a quello che non va e concentrarsi con forze, energie e pensieri, su quello che potrebbe andare meglio. D’altronde, un atteggiamento positivo, qualora venisse adottato dai vari professionisti del settore, potrebbe rappresentare uno stimolo anche per gli esperti, ovvero per quei familiari che QUOTIDIANAMENTE fanno esperienza del problema...

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I negatori della biologia

Dagli inizi degli anni novanta del secolo scorso, come scritto in articoli precedenti, la comunità scientifica mondiale, all’unanimità, ha affermato l’origine biologica dell’autismo. I disordini dello sviluppo (termine utilizzato dal DSM del tempo per diagnosticare i quadri clinici di autismo), pur senza il coraggio di precisare “dello sviluppo neurologico”, per gli accademici di tutto il pianeta, andavano inquadrati quali consequenziali a cause organiche capaci di alterare il normale sviluppo del S.N.C. e, dunque, modificare l’apprendimento delle abilità neuronali (linguaggio, prassie, attenzione, relazione, ecc.)...

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Quanto caos…. tracciamo una via d’uscita

La storia della “cecità mentale”, vista nell’ultimo articolo, rappresenta una chiara testimonianza di come l’autismo, non solo da un punto di vista diagnostico, ma anche da un punto di vista dell’interpretazione patogenetica, nel corso di tutta la sua storia, anche recente, sia stato affrontato con metodi molto approssimativi. Un esempio di quanto affermato è rappresentato dal fatto che, diversamente da quanto avviene nel formulare una diagnosi di epilessia e/o di morbo di Parkinson, i criteri diagnostici per l’autismo sono cambiati a ogni nuova edizione del DSM...

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La bufala della falsa credenza

L’uomo si è ritenuto bravo, se non il migliore tra le differenti specie viventi, nel capire quello che gli altri stanno pensando, un talento noto, nei tempi moderni, come “teoria della mente”. Qualche decennio fa (anni novanta), la scuola anglosassone mise a punto il test di Sally e Anne, al fine di misurare la capacità dei cuccioli d’uomo di inferire che un’altra persona ha una falsa credenza su qualcosa. Nel test, al bambino viene mostrata una scena che coinvolge due bambole, Sally ed Anne. La prima ha una cesta, la seconda una scatola. Sally mette una biglia nella sua cesta ed esce di scena. In sua assenza, Anne toglie la biglia dalla cesta per metterla nella sua scatola. Al ritorno di Sally, al bambino, che osserva dall’inizio la scena, viene CHIESTO dove Sally cercherà la biglia...

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Una mente creativa

Essere creativi non significa essere più intelligenti (affermazione che, nella maggioranza dei casi  in cui viene utilizzata, è priva di ogni fondamento), bensì possedere delle specifiche abilità o psicostati. Le neuroscienze moderne, tra cui E. Kandel in un bellissimo libro dal titolo l’età dell’inconscio, Raffaello Cortina Editore 2012, stanno tentando di definire i neurostati della creatività. Nell’ultimo articolo ho scritto che, ci sono indicazioni suggestive sul fatto che la creatività coinvolga la corteccia cerebrale destra, specie nella parte anteriore del giro temporale superiore destro, e la corteccia parietale destra. Infatti, quando i volontari che partecipano ad uno studio risolvono con creatività alcuni problemi, aumenta l’attività in queste aree...

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Cerebrolesione e creatività

Domani, nella città di La Spezia, si terrà un importante convegno scientifico, dal titolo:  “Cerebrolesione e creatività”. Purtroppo, impegni lavorativi sopraggiunti mi hanno impedito di essere presente. Oltre a chiedere pubblicamente scusa a chi ha sapientemente e con tanto sacrificio organizzato l’evento, voglio cogliere l’occasione, attraverso il blog, per fare qualche considerazione in merito, con le amiche ed amici che da nove mesi leggono i miei articoli. Per uscire dagli schemi di considerazioni banali ed inutili, quali ad esempio, i cerebrolesi sono più creativi dei normotipici oppure, i cerebrolesi producono, ma in effetti sono “addestrati”, è necessario fare qualche precisazione...

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L’opo, la pizza e l’ufo.

Per un cognitivista, come già precedentemente scritto, l’uomo usa i concetti per categorizzare la realtà. Grazie ai concetti apprendiamo nozioni sugli oggetti e, dunque, possiamo riutilizzare tali nozioni ogni qualvolta abbiamo, nuovamente, a che fare con quegli oggetti. Il soggetto con autismo, per i cognitivisti, ha un danno in quella parte del cervello che genera i concetti (di solito fanno riferimento ad aree pre-frontali), per questo, i cognitivisti mostrano maggiore interesse nel misurare il ritardo mentale del paziente osservato, che non, nell’utilizzare il paziente in oggetto quale risorsa, al fine di una migliore comprensione scientifica sul funzionamento del sistema nervoso umano.

Per un neurobiologo evolutivo i concetti hanno un a base percettiva (biocognitivismo)...

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L’emozione al servizio dell’astrazione

Quello che noi chiamiamo emozione, abbiamo visto nei precedenti articoli, risulta essere una sorta di epifenomeno, o psicostato, che andrebbe, di volta in volta, meglio specificato come paura, o disgusto, o sorpresa, o ecc.. I neurostati di tali epifenomeni sono rappresentati da integrazione di specifici circuiti neuronali, ognuno dei quali non è intrinsecamente emozionale (recettori e vie sensoriali, nuclei motori, sensoriali, oltre che vegetativi del tronco cerebrale, nuclei talamici, vie di proiezione ascendenti, strutture sottocorticali, aree limbiche, insula, aree frontali, ecc.). Queste aree e vie neuronali partecipano alla genesi, più o meno, di tutte la emozioni, ma con distribuzioni totalmente differenti...

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La vita emotiva del soggetto con autismo

Parlare di emozioni in senso generico per le neuroscienze non è di particolare interesse, in quanto, come abbiamo già detto, i circuiti neuronali ed i neurotrasmettitori che generano le diverse emozioni sono spesso molto differenti. Pertanto, in clinica potrebbe verificarsi che un comportamento di paura, o di disgusto, o di tristezza, o di gioia, o di rabbia, o di sorpresa, si manifesti costantemente in maniera anomala, senza pregiudicare le altre emozioni. Inoltre, abbiamo appreso che, i comportamenti emotivi, in gran parte prestabiliti, hanno una valenza positiva ai fini della sopravvivenza dell’organismo e, per tale motivo, nel corso dell’evoluzione si sono sempre di più selezionati...

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