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Anche gli autistici sono parte del mondo

Uno degli obiettivi del blog è quello di favorire la conoscenza di un modello teorico nuovo : il biocognitivismo  secondo l’approccio sensori-motorio. Tale modello  potrebbe essere utile per comprendere al meglio  perchè un bambino manifesti, costantemente, un comportamento anomalo, oppure  perchè non acquisisca una specifica abilità e, soprattutto, sul come aiutarlo in termini di strategie terapeutiche.

Affidarsi ad un modello biocognitivista significa anche il voler considerare la nostra vita un flusso di attività che dipendono, non solo dalle nostre conoscenze ed abilità (concezione cognitivista classica), ma anche dal luogo ove si verificano...

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Come superare alcune frustrazioni?

I primi 14-16 mesi di vita sono accompagnati da cambiamenti delle abilità comportamentali (psicostati) secondari alla più consistente modifica dell’architettura cerebrale (neurostati) che si verifichi negli anni successivi alla nascita. Questa nuova architettura è prodotta da nuove e solide connessioni neurali stabilitesi all’interno dei lobi occipitali, parietale e temporale, oltre che tra i lobi stessi, al fine di integrare sempre più informazioni altamente differenziate. Tale processo, denominato dalle neuroscienze con il termine di “ORGANIZZAZIONE NEUROLOGICA”, dipende, in termini sia spaziali che temporali, dall’esperienza...

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L’autismo non è un problema di relazione (dunque non è autismo).

Non c’è angolo del pianeta terra che non sia stato “colonizzato” dagli uomini, infatti, gli umani sono in grado di crescere in ambienti molto diversi. Questo è possibile perchè, il cervello umano alla nascita, è straordinariamente immaturo. Esso, invece di arrivare al mondo “cablato”, si concede di lasciare la sua organizzazione ai dettagli dell’esperienza della vita (ovviamente il cervello non decide un bel niente, è la natura a fornire tale opportunità).

In precedenti articoli del blog abbiamo appreso che, nel neonato le cellule nervose sono numericamente significative ma prive di connessioni funzionali, se non nella parte evolutivamente più antica del Sistema Nervoso (midollo spinale, parte inferiore del tronco cerebrale)...

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Perchè è più difficile leggere che riconoscere i volti?

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Cosa significa “ambiente”?

Applicare il modello “biocognitivo” allo studio dell’autismo significa voler superare, con forza, il limite attuale della neuropediatria : quello di continuare a focalizzare la propria attenzione sugli aspetti deficitari del quadro sindromico. Inoltre, molti medici si ostinano a non voler considerare che, la scala adeguata per la comprensione delle funzioni neurali è quella dell’essere vivente situato nel proprio ambiente.

Ma cosa significa ambiente?

Anche se in maniera ancora superficiale (approfondiremo l’argomento quando tratteremo le memorie), quando il blog ha trattato la plasticità neuronale, abbiamo compreso quanto il cervello infantile si presenti plastico e modificabile...

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MESE: OTTOBRE 2016 L’autismo visto in una prospettiva futura (speriamo non troppo futura)

Le neuroscienze attuali hanno fornito, ai tecnici ed all’opinione pubblica, un immenso patrimonio informativo sulle funzioni cerebrali e “mentali”, e sul nuovo concetto di Organizzazione Neurologica. Di tutto questo, non possono che beneficiarne alcune branche della medicina (nel caso specifico neuropediatria). Allo stesso tempo, è emersa la consapevolezza che noi non siamo il nostro cervello, piuttosto, il cervello è una parte di ciò che l’animale o l’uomo è.

La stessa cognizione non è qualcosa che i cervelli ottengono da soli.Tutte le mie conoscenze (poche o tante) hanno richiesto l’operazione congiunta del mio cervello , del mio corpo, del mio mondo. Dunque, i cervelli non possono avere una mente, saranno gli animali e gli uomini ad esprimerla...

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Perchè quel bambino autistico è più rapido della media nel “rubare” la mozzarella.

Le neuroscienze, allo stato, hanno appurato che l’atto cognitivo (percezione cosciente) coinvolge una comunicazione a lunga distanza, con un massiccio scambio di segnali reciproci, anche se, ancora non si è compreso come esattamente milioni di scariche neuronali, distribuite attraverso il tempo e lo spazio, modifichino una rappresentazione cognitiva. Non vi è alcun dubbio sul fatto che, uno stimolo sensoriale diviene cognitivo allorchè riesce a far scattare una valanga autoamplificante di attività neurali che finisce per attivare varie regioni che risultano collegate fra loro (informazione/integrazione)...

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Di quale cognitivo vogliamo parlare?

Quello che vorrei ribadire attraverso il blog è che, non ho nulla in contrario nel ritenere che, un soggetto con autismo possa manifestare disfunzioni cognitive, ovvero anomalie della consapevolezza e, dunque, nella manipolazione del mondo. Allo stesso tempo, va chiarito che non è più ammissibile che, i tecnici i quali “appiccicano” l’etichetta di deficit cognitivo ai soggetti con autismo, continuino a trattare il cognitivo fuori dai confini delle neuroscienze. Quando mostriamo ad altri la nostra presunzione di “trattare” il cognitivo, dobbiamo avere le idee meno confuse e offrire maggiori informazioni. Di cosa ci stiamo dunque occupando : della vigilanza, dell’attenzione o del percetto?.

Anche se basta gettare lo sguardo su di un oggetto per diventare, all’istante, consapev...

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Le convinzioni sono dure a morire, anche quelle scientifiche

L’uomo si è autoconvinto di essere l’animale più cognitivo del pianeta, eppure non ha acquisito grande consapevolezza del lungo processo di formazione della sua cognizione. Il cervello umano non è, alla nascita, una tabula rasa, infatti, già nella vita prenatale si realizza un intenso processo di Organizzazione neurologica o di “apprendimento”, grazie, sia ai primi stimoli sensoriali che giungono al feto, che ai suoi movimenti. Inoltre, sin dalle prime fasi, quel sistema nervoso sarà “bombardato” da stimoli provenienti “dall’interno”; l’interocezione condizionerà il futuro sviluppo della mente...

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Mio figlio vede tutti i dettagli.

Quando pronunciamo la parola “palla” ad un bambino di poco più di 18 mesi, questa non sta per un particolare tipo di oggetto, in quanto la parola non è l’oggetto.Nessuno può scambiare la parola per l’oggetto da gioco più desiderato dei maschi. Dunque, nel cervello deve esserci uno stretto collegamento tra circuiti con funzioni originariamente differenti (fonologiche, visive, etc). L’organizzazione neurologica è quel processo che studia in che modo si generano le connessioni (neurostato) e, dunque, il nostro modo di conoscere e manipolare la palla, ovvero il mondo (psicostato).Di tutti i sistemi sensoriali quello meglio conosciuto dalla comunità scientifica, è il sistema visivo...

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