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ARTICOLO 7

ARTICOLO 7: Il principio della neurodiversità, ovvero, il soggetto con autismo ha un’ ORGANIZZAZIONE NEUROLOGICA diversa ed esprime una PHI diversa, affonda le sue radici nella neurobiologia evolutiva.

Qualche miliardo di anni fa sul nostro pianeta comparvero cellule capaci di mantenere un gradiente elettrico sulla propria membrana e di utilizzare tale gradiente al fine di comunicare ad un’ altra cellula una modifica dell’ambiente. Le cellule con tali caratteristiche, chiamate dall’uomo neuroni o cellule nervose, assunsero la funzione di coordinare l’attività di tutte le altre cellule dell’organismo pluricellulare. Inoltre, permisero di regolare l’output, ovvero l’azione più adattiva al cambiamento ambientale...

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Articolo 6

ARTICOLO 6 : In tutti i soggetti con autismo vi è una NEURODIVERSITA’ che “stabilisce ” la diversità di questi soggetti nella selezione degli stimoli sensoriali.

Le neuroscienze attuali ci hanno permesso la conquista di tale conoscenza, consequenzialmente, l’approccio all’autismo deve necessariamente essere spostato da un modello deficitario ( purtroppo ancora in vigore) verso un modello basato sulla neurodiversità. Grazie a questa nuova conoscenza, non è più applicabile nello studio dell’autismo, un modello basato sul concetto di deterioramento psichico e sulle limitazioni del soggetto con autismo ( non guarda negli occhi, non parla, non imita, non legge le emozioni altrui nè le intenzioni, ecc.)...

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ARTICOLO 5

Articolo 1 : trattandosi di un’anomalia del comportamento non può essere proponibile un approccio al ” problema ” che non sia in termini neurobiologici. Allo stato, solo attraverso la neurobiologia lo studio del comportamento umano è reso sondabile e trasparente.

Articolo 2: non esiste un’unica causa nella genesi di tutti i quadri clinici diagnosticati “autismo”. Per tale motivo è necessario che la comunità scientifica si impegni nel classificare gli autismi ai fini terapeutici e prognostici.

Articolo 3: la tipicità neuroanatomica specifica dell’autismo consiste in un’alterazione della connettività tra neuroni, talvolta evidente sin dalle prime fasi dello sviluppo.

Articolo 4: le ipotesi di trovare un sistema specifico dell’autismo si sono infrante...

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Articolo 3 e articolo 4

Ho più volte specificato la finalità propositiva del blog: partire da alcuni punti di acquisito sapere neuro scientifico ( i fantasiosi articoli della carta costituente) per cercare di migliorare la ” condizione autismo “.

Visti nei mesi scorsi l’articolo 1 e 2, sui quali ritorneremo tra qualche giorno, affrontiamo ora gli articoli 3 e 4, per poi integrare le nostre conoscenze.

ARTICOLO 3 : le ipotesi di trovare un sistema specifico per l’autismo, ad ora, si sono infrante. Non ha superato l’evidenza, l’ipotesi che l’autismo fosse secondario ad una anomalia del sistema frontale, così come non ha superato l’evidenza, l’ipotesi che l’autismo fosse la conseguenza di una disfunzione dei neuroni specchio.

ARTICOLO 4: definire l’ atipicità neuroanatomica dell’autismo qua...

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Una serena riflessione…

Dopo aver trascorso gran parte della mia vita a studiare le funzioni neurali e, dopo aver dedicato 24 anni di attività professionale nel campo dell’autismo, ho avvertito l’esigenza, attraverso questo blog, di fare chiarezza su alcune questioni.

Ogni dato va letto nel suo contesto storico. Oggi esiste una differenza netta e sproporzionata tra quelle che sono le conoscenze delle neuroscienze, sul funzionamento del cervello, e quelle che sono le proposte riabilitative, finalizzate a favorire l’apprendimento nelle patologie del neurosviluppo. Per questo motivo, il primo Maggio scorso, esponendomi come professionista, ho voluto affrontare la “questione autismo” pubblicamente...

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Il connettoma

Se un tumore, un trauma, un intervento chirurgico, un infarto danneggiano una specifica area della corteccia visiva (V5), scompare la percezione e, con essa, la consapevolezza che l’acqua versata dalla bottiglia al bicchiere “scorre”. Mentre la capacità di percepire forme e colori rimane intatta, il mondo cessa di muoversi. Allo stesso tempo, lesioni selettive di aree neurali vicine (V4) eliminano la capacità di percepire i colori ma non il movimento e le forme. Nonostante ciò, i neuroni del sistema talamo-corticale non sono neuroni speciali ne tanto meno utilizzano, per comunicare tra di loro, un neurotrasmettitore speciale. Essi, come tutti gli altri neuroni, scaricano salve di potenziali d’azione...

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Prima di tutto dobbiamo capire

Ritorniamo ad una questione che ci siamo posti qualche articolo fa :un bambino con autismo, quando lo chiamo e non si gira, capisce? Di norma, decidiamo che un essere umano è consapevole se è in grado di comunicarcelo ma non disponiamo di un metodo valido per riconoscerne la consapevolezza quando questa non può essere comunicata. Eppure l’assenza della prova (non si gira) non può essere considerata una prova dell’assenza (non ha consapevolezza che l’ho chiamato). Osservando i suoi movimenti volontari, la scelta dei suoi cartoni preferiti, l’attenzione verso il suo giochino, ecc., ho la certezza che di sicuro ha delle “consapevolezze”. A che punto si trovano le neuroscienze su tale questione?

Da qualche anno si tenta di individuare quegli aspetti dell’attività neurale che,...

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Nulla di più grande

Tutto ciò di cui abbiamo consapevolezza ha una propria “configurazione neurale”. Ogni esperienza, in termine di input sensori-motorio, a cui la vita ci sottopone, lascia una traccia. Nel nostro cervello, queste tracce neurali, possono combinarsi consequenzialmente,così la nostra coscienza diviene più grande del cielo. Eppure, tutto quello che esperiamo, definendolo “coscienza” viene specificato dal funzionamento di un pugno di neuroni, ovvero di circuiti e sinapsi situati nel nostro cranio. Non è possibile comprendere le problematiche che stiamo affrontando in questo blog (chi è il soggetto autistico) senza capire il cervello...

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Una mente nuova

Quando, agli inizi degli anni 90′ del secolo scorso, affascinato da Carl H. Delacato, cominciai ad interessarmi di autismo, il mio primo obiettivo fu quello di comprendere come una disfunzione del S.N.C. potesse provocare il più severo disturbo del comportamento in età evolutiva:l’ autismo.

Per il mio maestro, il danno neurologico, minimo e diffuso, aveva alterato il processo percettivo nei bambini con autismo. Tutto il corredo sintomatologico doveva essere, necessariamente, secondario a tale disfunzione. Infatti, in medicina, quando viene individuata una causa, questa deve spiegare tutti i sintomi presenti, altrimenti, o ci troviamo di fronte ad un soggetto particolarmente “sfortunato” (con più patologie) oppure, la causa da noi individuata non è quella corretta...

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ADESSO BASTA

Marco è un simpaticissimo ragazzo che vive in una grande ed importante città italiana. Ha nove anni, oppure otto o dieci (nome ed età non sono precisi per ovvi motivi), e frequenta la stessa classe della scuola primaria dei suoi coetanei, con il supporto dell’insegnante di sostegno. Quando M. aveva circa 3a., la sua pediatra invitò i genitori a portarlo in visita da un neuropsichiatra infantile, per un aspecifico ritardo nell’acquisizione del linguaggio. Per tale motivo, fu preso in carico dalla struttura specialistica e sottoposto ad un programma di psicomotricità, durato circa tre anni. Inserito nella scuola primaria, senza sostegno, evidenziò da subito, difficoltà nell’integrazione, iperattività, deficit attentivo, oltre che, comportamenti anomali (tendeva a sdraiarsi per terra)...

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